Come dimostrato da innumerevoli giacimenti archeologici ipogei, l’interesse dell’uomo per le caverne risale alla preistoria. Tuttavia la speleologia nasce con l’inizio della frequentazione delle caverne non per necessità quanto per curiosità, per desiderio di scoperta, esplorazione, studio. La prima escursione “speleologica” documentata risale al 1100 a .C., allorquando il re assiro Tiglath Pileser fece incidere il proprio ritratto all’ingresso di una delle tre grotte presso le sorgenti del fiume Tigri. Nell’850 a.C. un altro re assiro, Shalmanaser III, sui passi del suo predecessore, visitò le grotte e fece immortalare l’evento con una lastra bronzea del palazzo reale di Balawat, oggi conservata al British Museum di Londra.
La speleologia moderna nasce però nella seconda metà dell’Ottocento, quando alcuni studiosi e curiosi cominciano ad occuparsi di grotte in modo sistematico. La spinta principale era ed è tuttora una curiosità esplorativa che non si estingue con la scoperta, ma se ne alimenta. La progressione in grotta è possibile solo utilizzando tecniche specifiche: imbrachi e attrezzi consentono di muoversi su e giù per corde fissate alla roccia, ma la comprensione degli ambienti sotterranei richiede un impegno cognitivo che abbraccia molteplici discipline scientifiche.
Fino al 1890 l’insieme delle attività legate alla frequentazione delle grotte era definito col termine francese grottologie. In Francia questa attività conosceva un vero e proprio boom grazie all’impulso di Édouard Alfred Martel, considerato il padre della speleologia. A parlare per la prima volta di spéléologie (dal greco spelaion = caverna, e logos = discorso) fu però lo studioso francese Rivière, che con questo termine si riferì all’insieme delle attività umane legate all’esplorazione delle grotte.
Ma cos’è una grotta? In linea generale è una qualsiasi cavità naturale praticabile. Questo è il criterio adottato anche dai catasti speleologici, che custodiscono i dati relativi alle grotte e ai lavori che gli speleologi vi effettuano.
Le grotte possono essere generate da diversi processi. Esistono cavità in rocce vulcaniche, grotte nel ghiaccio, grotte eoliche, grotte carsiche, “grotte” di origine antropica (cavità artificiali). Sono però le grotte carsiche il terreno principale della speleologia in quanto la maggior parte delle cavità naturali si apre in rocce carbonatiche, più di ogni altre predisposte alla loro genesi e preservazione nel tempo.
Ogni grotta ha caratteristiche e difficoltà particolari, attiva o fossile, fredda o calda, orizzontale o verticale, strettissima o smisurata, spoglia o ricca di concrezioni. La speleologia consente di addentrarsi in questo mondo, di esplorarlo, di raccogliere dati, di disegnarlo sulle carte, di documentarlo, fotografarlo, etc.
Un caratteristica peculiare delle grotte è che non se ne conosce la forma e la distribuzione spaziale prima che qualcuno vi metta piede, le illumini, le misuri. Sono territori nuovi, isole di un arcipelago mai visto. Gli speleologi che le esplorano e ne eseguono il rilievo topografico disegnano “pezzi di mondo” fino a quel momento sconosciuti.
Ciò che conosciamo sulle grotte è soltanto una parte di quanto sarà possibile scoprire negli anni futuri, e la maggior parte degli esploratori vive con entusiasmo la possibilità di contribuire alla conoscenza di regioni, porzioni di pianeta ancora sconosciute, in un’epoca in cui le grandi esplorazioni sono possibili ormai solo nell’infinitamente grande, cioè nello spazio, o nell’infinitamente piccolo. La speleologia consente invece di esplorare geografie a pochi passi da casa e di rivelare aspetti nuovi del complesso sistema di interazioni esistenti tra idrosfera, litosfera, atmosfera e biosfera.
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