La cavità si apre con un portale sotto parete, tre scivoli iniziali su crolli conducono alla prima serie di pozzi (P20, P17 e P37). Questi precedono un basso passaggio che immette su un meandro, seguito da un P17. Alla base del salto parte un alto meandro da cui è possibile raggiungere la via classica o la nuova via esplorata.
La via classica: tenendosi nella parte alta si percorre un lungo meandro prima in direzione ovest e poi sud-est fino a raggiungere un P37 disposto lungo un piano obliquo che immette in un’alta galleria che prosegue con direzione sud-ovest fino ad arrivare ad un P10. Si prosegue lungo una galleria concrezionata e con copioso stillicidio.
Dopo una serie di saltini si raggiunge un P20, e un P5 alla cui base parte una grande galleria con sul fondo massi di crollo ricoperti di fango. La galleria termina con un sifone.
Ramo nuovo: dalla Sala delle Vaschette si scende alla base del meandro, una fessura tra un grosso masso e la parete indica la prosecuzione nella frana. Il meandro assume la forma di una galleria sino all’imbocco del P14, alla cui base si percorre un meandro. La via termina su un restringimento dove l’acqua scompare. A circa 3 m sulla sinistra, ci s’immette in una condotta bassa con presenza di vaschette colme d’acqua. Al termine un P15 porta direttamente nella sala del Trivio da cui dipartono tre vie:
la via del fondo: dalla sala, in direzione ovest e sulla destra si imbocca il P11, ricoperto di fango. Alla base parte un meandro con acqua e piccoli laghi. Questo tratto termina in corrispondenza di crolli di frana. Proseguendo alti tra i massi si giunge ad una condotta forzata. Un meandro basso e fangoso che termina su un sifone finale. Siamo a -190 m dall’ingresso.
la via delle strettoie: dalla sala del Trivio, in direzione ovest e sulla sinistra, parte un meandro fangoso e con laghi. Un laminatoio porta su un P4, alla cui base un meandro porta su uno scivolo che termina sulla zona della frana della via del fondo. –
la via dei saloni: dalla sala, in direzione est ci si immette in un salone di crollo tramite un salto da 6m. Sulla sinistra si prosegue tra crolli, fino ad una risalita concrezionata di circa 40 m che termina su una fessura. Tornando all’inizio del salone, si prosegue davanti al salto di ingresso raggiungendo l’altra estremità, dove un salto conduce in una galleria completamente ricoperta di fango. Da qui è possibile, tramite un passaggio in frana, raggiungere il meandro che porta al nuovo fondo, oppure raggiungere il salone dell’albero di Natale.
Rappresenta uno degli inghiottitoi attivi alimentati dalle acque che scorrono sulle coperture impermeabili della valle omonima. Morfologicamente è caratterizzato da una prima parte verticale, che si approfondisce rapidamente fino a circa l00 m di profondità con una serie di pozzi intervallati da brevi tratti di meandro, e da una seconda parte sub orizzontale, che si dirige verso sud attraverso tratti in galleria e tratti in meandro intervallati da due piccoli salti. Nel tratto verticale l’ipogeo si imposta in una serie di diaclasi, orientate in vario modo tanto che sono presenti numerosi bruschi gomiti lungo gli incroci delle fratture. Sempre in questo primo tratto, si dipartono una serie di diramazioni secondarie terminanti su sifoni o crolli, sulle quali sono presenti alti camini inesplorati. La grotta, che è attraversata nel suo tratto finale da un modesto rivolo d’acqua, sembra terminare con un sifone. La cavità è stata riesplorata dal GSD che, tra il 1991 ed il 1992, ha rilevato alcuni nuovi rami. In particolare, nella saletta iniziale, è stato esplorato un meandro attivo intervallato da una serie di piccoli salti, che a quota -60 m si ricongiunge alla parte nota della grotta. È stato inoltre individuato un nuovo ingresso della cavità, costituito da un pozzo di 30 m.
La cavità si apre sul versante nord orientale di Serra Carpineto, alla base di una parete calcarea, con uno spettacolare ingresso a meandro. L’inghiottitoio raccoglie le acque di un torrente effimero, che scorre sulle coperture impermeabili affioranti nella valle. A differenza degli altri inghiottitoi che si aprono sull’altopiano, questa cavità presenta un andamento poco verticale ed è caratterizzata da un lungo, tortuoso ma largo meandro inclinato, intervallato da brevi salti. Il fondo è occupato da un lago sifone perenne, esplorato dagli speleosub pugliesi nel maggio 1986, i quali, purtroppo, non hanno trovato ulteriori prosecuzioni. Tuttavia, sulla sponda opposta del lago a pelo d’acqua fu rilevata la presenza di una strettissima fessura dalla quale proviene una forte corrente d’aria.
Un modesto portale impostato su interstrato, immette in una cavernetta che degrada in un meandro interrotto da alcuni saltini; il meandro porta ad un P15, alla base del quale si apre un altro meandro tortuoso che conduce, dopo circa una cinquantina di metri, ad una zona attiva costituita da pozzi brevi e gallerie basse, fino al fondo ostruito da un grosso crollo.
La grotta inizia con un bel meandro inclinato, alto circa 20 metri, interrotto da alcuni piccoli salti, fino ad un pozzo da 24 metri; alla base del pozzo il meandro diventa tortuoso, ripetutamente interrotto da molti saltini, fino ad un cambiamento di morfologia con un meandro, più largo e basso, che termina in un sifone.
Dopo un primo pozzo iniziale di 25 m ed il successivo P4, superabile anche in libera, si giunge in una piccola sala leggermente concrezionata. Poco più in alto una stretta fessura immette in un bel P60 a campana alla cui base si trova un ampio salone dal quale, con uno stretto e basso passaggio, si accede alla saletta terminale molto concrezionata. Nel luglio 1991 M. De Stefano, del GS CAI Napoli, effettuò una discesa al fondo trovandosi di fronte ad una parete insuperabile che presentava però un altissimo camino parallelo al pozzo di discesa. Tra dicembre 2002 e marzo 2003, infine, l’AIRES ha condotto una campagna di disostruzione del fondo, entrando in una zona più larga e agevole che, dopo due saltini di 7 e 5 m, conduce ad un enorme pozzo di 70 m il cui fondo chiude in una nuova strettoia.
La grotta fu scoperta nel 1962 dalla CGEB, è stata oggetto dal 1987 al 1990 di una escalation esplorativa da parte del GSM e GSCAI Napoli, che ne ha portato lo sviluppo dagli originari 40 m agli attuali 1880 m per 385 m di profondità. Recentemente un nuovo ramo è stato esplorato dal GSNE. La grotta si apre lungo la parete calcarea di faglia che delimita ad ovest la Valle del Sicchitiello, con un maestoso portale alto circa 20 m. Sul fianco sinistro dell’incisione, una quarantina di metri più in alto, sono ubicati due ingressi alti, che immettono con un P10 in un meandro, che dopo alcune decine di metri porta nel cavernone principale. Proseguendo lungo un secondo meandro si incontrano un P7, un P6 e due piccoli salti, e successivamente, un maestoso P43, il Pozzo Carmen, che si arresta su un ampio terrazzo, il Trivio, dal quale si dipartono tre vie. Da questo terrazzo, inoltre, seguendo l’armo di una tirolese lunga una quindicina di metri si interseca un meandro attivo, a regime stagionale, che risale progressivamente con un P4 ed un P5 fino a biforcarsi: – il ramo sulla destra termina con un P10 chiuso in alto da crolli; – il ramo sulla sinistra conduce a due grosse caverne con crolli e concrezioni. Nel complesso questo ramo laterale si sviluppa per 450 m e risale per circa 30 m. Dal Trivio un P20 immette in un meandro che, a monte termina in una stretta galleria fangosa, ed a valle interseca i Pozzi Moana, un P25 ed un P40 (la via per il fondo). Alla base dei Pozzi Moana, la prosecuzione naturale della grotta termina dopo alcune decine di metri, in un cunicolo occluso da acqua e detriti. Prima del cunicolo, risalendo e poi scendendo due P4, si entra in uno stretto meandro fossile, che porta ad un P26. Alla base ci si immette in un meandro con numerose vasche d’acqua profonde. Lungo il meandro si incontrano un P25 ed un P5, alla cui base l’acqua scompare in uno stretto cunicolo. Al di là del cunicolo gli ambienti sono costituiti da condotte attive di facile percorribilità fino ad un P20.
Si prosegue per circa 570 m raggiungendo un P15 il quale, in alto, presenta una prosecuzione che immette in un meandro fossile lungo 130 m. Alla base del P15 il meandro attivo diviene più acclive, si prosegue tra i massi per oltre 200 m fino a raggiungere il sifone terminale. A -270 m, il nuovo ramo in risalita prosegue lungo una linea di faglia, intervallata da frane costituite per lo più da blocchi di grosse dimensioni, ricoperti di fango. La grotta prosegue con una condotta di modeste dimensioni, con passaggi in frana, fino ad una saletta caratterizzata da uno spesso deposito sabbioso. Un passaggio basso semi-sifonante conduce in un’ampia sala dove un P30, sale verso l’alto, facendo supporre una possibile prosecuzione. Sul termine dalla sala, la grotta chiude in un ambiente allagato. Attraverso il tracciamento con fluorescina si è visto che tale zona è in comunicazione con il cunicolo ostruito da acqua e detriti alla base dei Pozzi Moana.
La cavità è stata esplorata per la prima volta dalla CGEB durante la campagna speleologica del 1961; la sua vici-nanza alla Grava del Fumo ha sempre attirato l’attenzio-ne degli speleologi che hanno cercato una possibile co-municazione tra le due grotte; al momento non ancora trovata. La Grotta di Frà Gentile, così detta dal nome di un leggendario brigante che vi si rifugiò, rappresenta un inghiottitoio fossile che si apre con uno spettacolare ingresso costituito da un maestoso meandro,in leggera discesa, alto mediamente una trentina di metri ed illuminato parzialmente da due pozzi, posti circa 60 m più in alto. La grotta si sviluppa in direzione nord-est/sud-ovest essenzialmente lungo il meandro su descritto che dopo circa 80 m si restringe, proseguendo in forte discesa fino all’altezza del primo P32, la cui base è caratterizzata dalla costante presenza di fango e acqua. A metà di questo pozzo è presente un arrivo laterale, chiuso dopo pochi metri, raggiunto dall’AIRES nel 1990 con una piccola traversata. Alla base del P32 segue un’ampia galleria che, dopo un salto di circa cinque metri, termina in uno spettacolare P60, interessato da un forte stillicidio. Su questo pozzo il GSP ed il GS CAI Napoli, in più riprese (1989 e 1990), hanno effettuato una serie di traversate esplorando alcune diramazioni purtroppo chiuse. Dalla base del P60, seguendo un cunicolo tra crolli, si arriva al P15 finale che immette in una sala chiusa completamente da detriti, senza alcuna possibilità di prosecuzione.
L’ingresso si apre su frattura ed immette su un pozzo da 22 metri; poco prima del fondo, una finestra laterale immette in un ambiente vasto caratterizzato da crolli; la grotta prosegue con un tratto inclinato inter-rotto da un paio di salti e successivamente da un pozzo da 30 metri; dopo il p30 seguono altri due salti, poi la grotta chiude con un cunicolo stretto.
L’inghiottitoio fu esplorato per la prima volta nel 1968 dagli speleologi della CGEB, che si arrestarono ad un primo sifone alla profondità di -57 m. Successivamente, tra gli anni 1969 e 1975, le esplorazioni furono condotte fino all’incrocio del collettore a -395 m. L’intero collettore fu esplorato due anni dopo. Nell’estate del 1988 alcuni speleologi del GSCAI Napoli e del GSM, durante una rivisitazione della cavità, scoprirono nel collettore terminale, a -400 m, una nuova condotta dello sviluppo di 250 m; essa è stata risalita nel 2012, per circa240 metri in quota, con uno sviluppo di circa 660 metri. L’imbocco della grotta, non molto ampio, immette direttamente in una sala, ingombra di detriti, cui subito segue una prima serie di pozzi (P4, P3, P15, P4). Segue un primo tratto sub-orizzontale, a metà del quale si incontra il primo sifone, superabile solo nei periodi estivi e non piovosi. Oltre questo basso passaggio la galleria assume nuovamente un aspetto meandriforme e tortuoso fino a giungere alla seconda serie di pozzi (P6, P7, P15, P3). In questo punto sono presenti alcune diramazioni laterali, una delle quali è stata esplorata, per circa 50 m, fino ad una strettoia con crolli. Dopo l’ultimo pozzetto, riprende per circa 180 m un tortuoso e stretto meandro fino a giungere a due P6 ed un P62, impostato su una grande frattura. Seguono, poi, una serie di pozzi (P5, P4, P8, P35, P17) intervallati da piccoli laghetti, che por-tano rapidamente ad una profondità di 287 m circa. Alla base del P17 si nota, a circa 3 m da terra, un ramo laterale, percorribile per un centinaio di metri, fino alla base di unarisalita dove è stata trovata la comunicazione con il fondo dell’Ing. I dei Piani di S. Maria, che ha portato l’intero sistema carsico ad uno sviluppo planimetrico complessivo di 2450 m. Ritornando sul ramo principale alla base del P17, dopo pochi metri, l’acqua si perde in uno stretto sifone superabile, in alto, attraverso un angusto pas-saggio. Oltre questa strettoia, un’altra serie di numerosi salti (P8, P6, P4, P4, P14, P7, P6, P10) porta-no ad una galleria molto bella. Il collettore sotterraneo è stato denominato, dai primi esploratori, Gal-leria del Torrente. Da monte vi giungono le acque della Grava del Fumo, mentre a valle le stesse si dirigono verso la Risorgenza dell’Auso, come è stato dimostrato da una prova di colorazione. Risalen-do il collettore a monte, dopo un lungo e profondo lago, si giunge alla base di una piccola cascata di circa 2 m. Verso l’alto, in alcuni punti, la volta non è affatto visibile, mentre in altri sono presenti vistosi arrivi; in uno di questi, nell’estate del 1988, è stata scoperta dal GSCAI Napoli e dal GSM, una galleria che, dopo più di 200 m, porta alla base di un ramo in risalita in esplorazione. Il collettore è alimentato da un grosso sifone ubicato lateralmente. Nel tratto di collettore verso valle bisogna superare un primo scivolo con un laghetto, alla cui base seguono in successione alcuni laghi, fino al pozzo finale (P8) con cascata che immette direttamente in una sala franosa, nella quale si perde l’acqua del torrente. Tutto il collettore è impostato visibilmente su fratture con direzione nord-est/sud-ovest e est/ovest.
Le prime esplorazioni furono effettuate dalla CGEB che nel 1963 si fermò a quota -35m; nel 1968 arrivò al fondo a -253 m di profondità ed in seguito, durante le campagne esplorative del 1973 e del 1974, scoprì il ramo superiore, una diramazione secondaria che ritorna sul ramo principale della grotta. L’inghiottitoio si apre con una grande caverna, il cui fondo in pendenza è ricoperto da ciottoli e massi da crollo. Si prosegue con un cunicolo in interstrato, poi la grotta assume la classica morfologia a meandro stretto e tortuosointervallato da piccoli salti (P5, P4) su crolli. Il meandro prosegue fino al P21 ove, qualche metro più in alto, rispetto alla base del pozzo, si incontra la diramazione per il ramo supe-riore. Il ramo superiore si sviluppa per alcune decine di metri in lieve salita fino ad incontrare una sala ben concrezionata dalla quale, a circa 3 m d’altezza, parte un meandro discendente con piccoli salti, che si ricollega con un P17 al ramo principale, dopo uno sviluppo di circa 300 m. Ritornando alla base del P21 sul ramo principale, la grotta continua con un meandro levigato e scolpito dall’acqua fino al P20. Si prosegue poi, sempre lungo il meandro, fino ad una sequenza di salti (P9, P6, P3) alla cui base si realizza il collegamento con il ramo superiore. Il meandro ora prosegue alto e dritto verso il P39 che, come il successivo P24, si sviluppa all’incrocio con una frattura orientata verso est-ovest; i due pozzi comunicano mediante un angusto passaggio tra crolli. Dal P24 la grotta riassume l’aspetto meandriforme e si sviluppa lungo una evidente frattura, che nella parte finale presenta un basso passaggio, complicato anche dalla presenza di acqua. Seguono, infine, gli ultimi due pozzi (P5, P12) che portano in una sala con copiose colate calcitiche che scendono dall’alto soffitto, che alla base restringono il passaggio. Qui l’acqua si infiltra tra le concrezioni e dopo pochi metri, lo stretto cunicolo diventa impraticabile. Nel luglio del 2001, dopo aver effettuato un faticoso lavoro di disostruzione, gli speleologi pugliesi del GPG hanno forzato la strettoia terminale ed hanno percorso uno stretto passaggio (Natural Burella) lungo circa 30 m e con un dislivello di 20 m, sbucando nell’Inghiottitoio III dei Piani di S. Maria.
La grotta presenta, subito all’ingresso, un pozzo da 70 metri che sul fondo si allarga su una camera ingombra di crolli; la grotta continua con un meandro stretto, che si sviluppa in discesa con andamento sinuoso, che conduce ad una piccola sala finale, dove non è possibile proseguire per la presenza di una ostruzione di detriti e accumuli di fango.
L’inghiottitoio, ormai fossile, si apre con uno scivolo, molto inclinato, su crolli che immette su un P25, separato da una cengia dal P20successivo; segue un meandro con due salti (P7, P5) che porta all’attacco del P43,sormontato da un ampio camino inesplorato. Dopo un P4, uno stretto cunicolo ingombro di detriti e fango conduce al fondo attuale della grotta. Questo cunicolo è in probabile comunicazione con la Grava I del Parchitiello; varie volte il GS CAI Napoli, nel1986 e nel 1990, ha cercato di forzarlo riuscendo a proseguire per circa 20 m finché non diventa impraticabile.
CGEB (Vianello, 1962b; c) che giunse fino al P20, nel 1962, e fino al grosso salone sotto il P25, nel 1965. Infine, nel 1986, il GS CAI Napoli esplorò (I. Giulivo e A. Santo) l’ultimo tratto fino al nuovo fondo, successivamente rilevato da F. Bellucci e M. Benedusi (Bellucci, 1986). La grotta si apre con un ampio pozzo (P59) a campana in una spettacolare faggeta; con una bella discesa nel vuoto si giunge al fondo, ricolmo di detrito da crollo che caratterizza anche il salto successivo (P13). Da questo punto in poi, l’ipogeo si sviluppa in tratti di comodissimo meandro intervallato da alcuni salti (P11, P7, P20 e P7) e si divide in due rami laterali. Il primo termina in un alto camino inesplorato, coincidente in superficie con un’ampia dolina. Il secondo chiude in fessura, dopo circa 50 m, avvicinandosi molto alla Grava II del Parchitiello. Seguendo il ramo principale, la cavità continua con un P25 che immette in un ampio salone, alla cui base, sulla destra, si sviluppa un cunicolo che chiude dopo circa 15 m; tale cunicolo potrebbe rappresentare il punto più probabile di collegamento con la sovrastante Grava II del Parchitiello (Cp 104), che si trova 22 m più in alto e a 25 m di distanza. Il P25 è sormontato da un ampio camino, in probabile comunicazione con l’Inghiottitoio del Parchitiello (Cp 103); tale collegamento è stato tentato disostruendo il fondo dell’Inghiottitoio del Parchitiello, costituito da un pericoloso scivolo inclinato e stretto, che affaccia direttamente sul pozzo. Proseguendo verso valle la grotta torna su se stessa, con un lungo tratto orizzontale che si sviluppa per circa 180 m, con un solo salto di 4 m. Alla fine, il meandro interseca un’ampia galleria orientata nord-est/nord-ovest, alle cui estremità sono presenti due piccoli laghi-sifone. Il sifone di valle è stato percorso nel 2016 da Luca Pedrali per circa 150 metri. Esso si ferma su un cono di ghiaia che ne ostruisce il passaggio. Il sifone di monte, percorso prima da Josè Amici nel 2015 e poi da Francesco Papetti nel 2019 (per circa 50 metri fino ad una bolla d’aria), potrebbe mettere in comunicazione con la Grotta del Falco.